il Maresciallo Capo dei Carabinieri in quiescenza Gaetano Campisi, di cinquantadue anni, ha trascorso trenta anni nell'Arma dei Carabinieri. Arruolato all'età di diciassette anni e mezzo, ha svolto servizio nei più svariati reparti di prima linea, come l'antidroga di Roma, Napoli e Milano, e reparti operativi sparsi per l'Italia; ha partecipato alle indagini della bomba a piazza della Loggia a Brescia, ha prestato servizio nell'antimafia di Palermo ed ha fatto anche la scorta ad un magistrato;
tanti anni di servizio spesi con onestà, abnegazione e sacrificio, sino al giorno in cui lo ha colpito una grave malattia dell'intestino (il morbo di Crohn), che lo ha poi costretto a lasciare l'attività operativa per quella burocratica;
nel 1991 è iniziato un contenzioso con l'amministrazione per un banale «caso di ufficio». Ha fatto una richiesta affinché l'amministrazione potesse adoperarsi nel migliorare gli ambienti insalubri dove l'ufficio era locato. Viste le condizioni mediche, l'ambiente malsano ed umido di quell'ufficio mal si conciliava con il suo stato di salute. Fu inviato, per questo, a visita psichiatrica con le seguenti motivazioni: «(...) perché era sposato da dieci anni e non aveva figli e che viveva una vita familiare serena», fu obbligato ad una sospensione dal lavoro e venne aperta una procedura di malattia a suo carico, per «rigidità dell'io». Diagnosi che è stata sconfessata da due cliniche universitarie, rispettivamente quella di Siena, del prof. Saulo Sirigatti, e di Pisa, del prof. Pietro Sarteschi, e, in terza battuta, dal prof. Arnaldo Ballerini, come consulente esterno, chiamato in causa dalla amministrazione. Chiusa la procedura di malattia, speditamente, fu ritenuto idoneo al lavoro;
Gaetano Campisi è stato più volte denunciato, dall'amministrazione, sotto forma di informativa all'Autorità giudiziaria militare di La Spezia, con pronunciamenti di archiviazione in istruttoria, senza che lo stesso fosse informato. Nel febbraio 2003 fu mandato a visita presso l'infermeria presidiaria del Comando regionale Carabinieri a Firenze. Il medico, lì presente, lo dichiarava «non idoneo» per 30 giorni per «Reazione ansiosa in situazione di conflittualità»; allo scadere dei quali, fu inviato al Centro militare medicina legale di Firenze, dove la commissione medica (composta da pediatra, dermatologo, otorinolaringoiatra, ecc.) lo ha trattenuto in malattia per «rigidità caratteriale» per altri due anni. È stato, infine, posto in congedo per un altro lungo periodo di malattia. Ha chiesto all'amministrazione di indicargli un medico che potesse curarlo dalla «rigidità caratteriale» ed ha ottenuto due risposte, che si riportano testualmente:
la prima, del Capo di Stato maggiore int. colonnello Salvatore Maiorana, con prot. n. 11/1-3-RP dell'11gennaio 2005, recita: «1.. In esito alla Sua istanza del 30 novembre 2004, si rappresenta che, a parere del Direttore dell'Infermeria Presidiaria di questa Regione, la 'persistente rigidità caratteriale', riscontrataLe in sede di visita collegiale del 4.11.2004, non configura sicuri aspetti psicopatologici meritevoli di terapia farmacologica ma di adeguato supporto psicologico. 2. Per quanto precede ed al fine di fornirLe un indirizzo specifico, si informa che nell'area Intranet del portale dell'Arma è possibile consultare il sito dell'Ordine Nazionale degli Psicologi, cui fare riferimento per l'individuazione di un professionista super partes, a Sua scelta»;
la seconda, a firma del Capo di Stato Maggiore Col. Cosimo Chiarelli, con prot. n. 25/58-1/2005-RP del 7 marzo 2005, afferma quanto segue: «Seguito lett. nr. 11/1-3-RP dell'11 gennaio 2005. Il Comando Generale, IV Reparto Direzione di Sanità, ha rappresentato che, per la cura della patologia riscontrata Lei potrà: a) avvalersi dei consulenti esterni del Servizio di Psicologia Medica presso l'infermeria Presidiaria di questa Regione. b) ricorrere, in alternativa, alle strutture del Servizio Sanitario Nazionale, che eroga prestazioni diagnostiche e terapeutiche in regime ambulatoriale»;
confortato da queste autorevoli risposte, inviava una richiesta di cura al prof. Adolfo Pazzagli, direttore dell'Istituto di Psicologia clinica dell'Università di Firenze, che rispondeva prontamente: «Gentile Maresciallo, la rigidità caratteriale non è una diagnosi né psicologico-clinica né psichiatrica ma un'attribuzione che descrive alcune caratteristiche della personalità. Per questo non sono previsti trattamenti specifici. Se la rigidità determina sofferenza nel soggetto, allora, solo una psicoterapia può, in qualche caso, essere di aiuto al soggetto. Oggi le psicoterapie si svolgono solitamente come attività private; per una valutazione diagnostica e per l'indicazione di eventuale trattamento può prendere appuntamento attraverso l'ambulatorio del dipartimento, telefonando al 055.4277482. La informo poi che il responsabile attuale di questo servizio è la prof. Benvenuti. Cordiali saluti, Adolfo Pazzagli»;
il maresciallo Campisi si è recato prontamente, quindi, dalla prof.ssa Benvenuti, che dopo averlo visitato ha rilasciato il seguente referto: «Egregio dott. Lottini, ho visto due volte il suo paziente Gaetano Campisi, che mi chiedeva una valutazione clinica di patologia mentale e di eventuale terapia da attivare. Vedendo il materiale che il Signor Campisi ha portato, e credo di poter ipotizzare che si sia trattato di una situazione di conflitto esasperato e autoalimentato negli anni, in cui sono stati trasformati in diagnosi psichiatriche alcuni tratti di personalità non patologici di per sé, ma che sono apparsi tali nel contesto di rivendicazione che si è creato. Se l'ipotesi è corretta, come credo, non ci sono trattamenti terapeutici da attivare neppure di tipo psicoterapeutico. Cordiali Saluti. Paola Benvenuti»;
in data 12 maggio 2005 si recava nella seconda struttura medica indicata dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, cioè all'azienda sanitaria n. 10, ambulatorio di psichiatria, dove due medici gli hanno rilasciato il seguente referto: «Attestiamo che il signor Campisi Gaetano, nato a Cefalù (Palermo), non è in cura presso il Servizio di Psichiatria, né presso il servizio di psicologia di questa zona sanitaria della ASL 10 Firenze. In passato egli ha avuto ripetuti contatti con gli scriventi in relazione al suo problematico e conflittuale rapporto con l'Amministrazione pubblica, di cui è dipendente, per consigli e indicazioni medico-legali. Come è stato ribadito nel corso degli anni dai numerosi specialisti, a vario titolo consultati, nell'ambito del contenzioso fra il sig. Campisi e l'Arma dei Carabinieri e, di recente, dal prof. Pazzagli, direttore dell'Istituto di Psicologia clinica dell'Università di Firenze, anche a nostro giudizio, il termine »persistente rigidità caratteriale«, attribuito al Campisi dal Direttore dell'Infermeria Presidiaria della Regione dei Carabinieri della Toscana, in data 11.1.05, non corrisponde né ad una definizione psicologico-clinica, né ad una diagnosi psichiatrica. Anche a nostro parere il signor Campisi non necessita né di cure psichiatriche, né di trattamento psicologico (fra l'altro una terapia psicologica, peraltro effettuabile solo in ambito privato, non ci appare indicata in questa specifica situazione). Firmato dott. Giuseppe Livio Comin e dott. Pier Giovanni Serafini»,
si chiede di conoscere:
se la «rigidità caratteriale» diagnosticata dagli organi sanitari militari, spesso consulenti presso i Tribunali Italiani, sia o meno una patologia. In caso positivo, chi la debba curare;
a seguito di questa diagnosi, perché abbia perso il posto di lavoro, se a causa della malattia o per quale altro motivo;
se non si ritenga che sia stata violata la legge 13 maggio 1978, n. 180, meglio conosciuta come legge Basaglia.
L'Arma ente Statale da riformare.
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